L’ecosostenibilità e l’innovazione, prima di tutto. Per Antonio Di Maro, emergente architetto napoletano, non ci sono dubbi. Spazi e materiali devono continuare ad andare in questa direzione, nel rispetto dell’ambiente e del benessere degli esseri umani. Oggetti di riciclo “non convenzionali” come quelli proposti da EN23 sono perfetti anche da un punto di vista “minimalista”, lo stesso che Antonio e chi ama la bioarchitettura, giustamente, assume. Scoprite il perchè dall’intervnista.
Antonio, raccontaci di te. Dove svolgi la tua professione e come si è sviluppata nel tempo?
La sede principale del mio studio è a Napoli, dove tutto è iniziato, visto che mi sono laureato nella città partenopea. Da studente e nel periodo post laurea, tra master e workshop internazionali ho avuto la fortuna di vedere all’opera illustri architetti tra cui Mario Cucinella, Luciano Pia e lo studio ARUP. A breve sposteremo la sede da Viale dei Gramsci in Via dei Mille.
Cosa significa per te l’arredamento?
L’arredamento è l’atto conclusivo di un percorso creativo. A mio avviso, dà all’architettura completezza, pienezza e autenticità, donando voce e anima ad uno spazio o ad un involucro. Credo sia importante che ogni oggetto o elemento sia posizionato in modo sapiente nel giusto contesto, in quanto sia l’architettura che gli oggetti, se ascoltati, parlano.
Ho una preferenza per l’architettura mediterranea, espressa con linee pure ed estremamente colorate. I luoghi in cui vivo hanno questi fondamenti. Da qualche mese stiamo lavorando e portando avanti ricerche sullo stile marocchino, nella magica Marrakech. Tutto però dipende dal contesto.
Da anni il mio studio è molto interessato al tema della neuroarchitettura, che applichiamo ad ogni nostra creazione. Credo molto nelle neuroscienze impiegate nell’architettura e nel design.
In un mondo sempre più frenetico, l’uomo ha disperato bisogno di benessere, che può trovare solamente nella natura.
Cosa ne pensi dello stile industriale?
Amo molto lo stile industriale, inserito nel giusto contesto.
Oltretutto, viviamo un momento storico dove tutto è saturo o già visto, fare innovazione è molto difficile. C’è bisogno di qualcosa di non convenzionale, di innovativo che faccia realmente la differenza, c’è bisogno di personalità.
Per innovare, per creare qualcosa di “diverso”, vedo molto bene il “melting pot” tra elementi rivisitati che si può evidenziare anche in arredi di questo stile.
Cosa ne pensi degli arredi EN23?
Hanno una personalità molto forte. Mi piacciono. Sono oggetti molto caratteristici, che fanno riferimento alle “passioni”. Si dà una seconda vita a vecchi pezzi di auto, moto, oggetti militari e quant’altro può essere “riutilizzato” con una forma inaspettata e diversa, fino a tramutarsi in lampade, tavoli, oggetti di design. Li trovo decisamente “freschi” e interessanti nel settore dell’arredamento industriale online! Complimenti.
Ci sono degli oggetti che ti piacciono in particolare?
Ce ne sono tanti, davvero. Cito Giuseppe, che vedrei benissimo in un living grande con un altro tavolo bianco, oppure le lampade Carlo, Cinzia ed Esselle. Quest’ultima mi pare utilizzi delle sospensioni Ohlins come supporti. Oppure Militaria, Fascia e lo sgabello Antonino. Sono oggetti molto originali.
Quali sono le tendenze più interessanti nel mondo dell’interior design in generale, e più nello specifico nello “urban style”?
Credo che riprendere oggetti della vita quotidiana e riproporli sia una strada giustamente “battuta”, perchè può portare finalmente innovazione nel settore e ai clienti finali qualcosa di sorprendente e creativo, bello da mostrare! Il futuro da qui a 20 anni è riutilizzare. Le persone non vogliono vedere cose “tutte uguali”. Un progetto “urban style” che mi è piaciuto molto è stato Garage Italia: un ristorante-officina, esalta in pieno la passione per i motori.
Quali sono le soddisfazioni principali che hai ottenuto nel tuo lavoro?
In particolare ne ho avuta una: realizzare un parco per l’ospedale oncologico di Posillipo, il Pausilipon. Quando l’architettura dà giovamento a dei bambini che, malgrado loro, hanno bisogno di cure, è il massimo. Per questo progetto siamo stati più volte premiati e recensiti su testate nazionali. Tra gli altri progetti, cito anche Casa Oro e Chez Anna, la riqualificazione funzionale di un vecchio B&B in un piano d’albergo.
Prossimi progetti personali?
Stiamo lavorando sulla realizzazione di un ecovillaggio attrezzato completamente biologico in Abruzzo, nei pressi di Roccaraso (L’Aquila), dove le persone vivranno e saranno circondati da soli elementi della natura. Gli ospiti dello stesso potranno vivere in un’oasi di benessere dove non c’è bisogno di contatto con l’esterno.
Sogni nel cassetto?
Vorrei realizzare una villa a strapiombo sul mare in un ambiente roccioso, spartano.
Come sarà l’architettura e l’interior design tra 20 anni?
Domanda semplice… (ride, ndr)
Credo che l’architettura avrà sempre di più una vocazione green. E’ assolutamente necessaria una riscoperta della natura che sia in simbiosi con l’essere umano. Basta con il calcestruzzo armato, basta con le piazze e vialoni pedonali asfaltati, c’è bisogno di natura.
Per l’interior design sarà sempre più importante far star bene i propri ospiti, con degli arredi sempre più vicini a chi “vive” gli ambienti, in base ai differenti utilizzi (ristoranti, case private, hotel, ecc).
Grazie mille Antonio, e in bocca al lupo!